Comunicati

RIPORTIAMO A CASA QUARTO SAVONA

QUARTO SAVONA 15 era il nome in codice dell’auto di scorta di Giovanni Falcone.
Quel 23 Maggio del 1992 uscì per non fare più ritorno alla base. Con lei quel giorno sembravano essere svanite le speranze dei palermitani, dei siciliani tutti, ma anche quelle di una nazione intera.
Oggi Invece noi sappiamo che per molti quello fu solo l’inizio.
L’inizio di una nuova presa di coscienza per dire basta. Quel giorno, molti dissero che si poteva e si doveva ricominciare.
Noi oggi siamo qui a ricordare quegli uomini e quelle donne. Loro e coloro che seguirono da lì a poco, e siamo qui a rinnovare l’impegno ad andare avanti. Ma andare avanti vuol dire anche testimoniare tutti i giorni quell’impegno, con i nostri comportamenti, con la nostra etica. Tutti i giorni.
La battaglia contro LE MAFIE, TUTTE LE MAFIE, va combattuta costantemente, senza tregua, a partire dal nostro mondo, da quello che ci circonda. Combattere le mafie deve diventare patrimonio del nostro DNA e poi poterlo trasmettere ai nostri figli. Tutte le volte che indulgiamo a certi compromessi del nostro piccolo mondo, non facciamo altro che alimentare la cultura di cui si nutre la mafia.
Cambiare modo di pensare, vuol dire cambiare il proprio modo di essere. Noi del sindacato siamo impegnati anche in questo. Cercare di cambiare un contesto che ci fa indignare per quello che succede a chilometri di distanza, che ci induce alla falsa convinzione di stare parlando di un fenomeno confinato e circoscritto in pochi ambiti geograficamente definiti.
E invece il modo di pensare mafioso rischia di trovarsi vicino a noi più di quanto non si pensi.
Lo è mentre legittimiamo comportamenti atti a farci ottenere vantaggi e prebende. E’ vicino quando di fronte alle porcherie anteponiamo un nostro atteggiamento omertoso pur di continuare con il nostro quieto vivere.
E’ in questi momenti che si deve stare attenti e riflettere, poiché pensare che certi comportamenti siano un naturale effetto collaterale, tutto sommato tollerabile, di un certo modo di condurre le nostre esistenze fa si che il pensiero mafioso sia già andato oltre a quegli immaginari confini.
E’ allora che quasi inconsapevolmente il sistema mafioso rischia di entrarci in testa, trasformando in normale ciò che non lo è. Diventa normale e accettata la logica della raccomandazione, della prevaricazione, della piccola-grande furbizia quotidiana, che “tanto se non lo faccio io lo fa qualcun altro”.
Diventa normale l’inciucio, il compromesso a tutti i costi. Diventa una soluzione di vita indulgere nei confronti della prevaricazione, alla meschinità di certi poteri. Tutto, purché ci lascino in pace. E’ così è normale, anche nei contesti in cui lavoriamo, accettare che la mediocrità diventi norma.
Quando accettiamo tutto questo, stiamo alimentando esattamente quel pensiero mafioso che ci fa inorridire quando guardiamo le immagini di Capaci o Via d’Amelio.
Nursind è impegnato anche in questo. Noi crediamo nell’etica della legalità, nella giustizia, nell’equità di accesso al lavoro e nei servizi resi ai cittadini.
Noi pensiamo che l’impegno a combattere il pensiero mafioso debba partire anche dal piccolo mondo che ci circonda, creando i presupposti per sviluppare la cultura del rispetto e della trasparenza, in contrapposizione alla prevaricazione e all’omertà.
Siamo impegnati costantemente a cercare di rendere fruibile ai nostri figli quel nuovo DNA che stiamo cercando di costruire, con l’auspicio di regalare loro la speranza di una cultura della legalità come stile di vita. Vorremmo potere dire ai nostri figli che il loro impegno, le loro fatiche, verranno valutate e se possibile premiate perché sono bravi e preparati e non perché hanno sgomitato per entrare in questo o quel “cerchio magico”. Vorremmo un giorno potere dire loro che la cultura della raccomandazione e dell’inciucio non fa più parte del nostro modo di pensare, e che anzi, che tutto questo si debba sempre condannare, senza se e senza ma. Vorremmo potere dire ai cittadini che noi siamo i loro garanti nei confronti dell’accesso alle cure, che ne hanno diritto perché una costituzione glielo garantisce e non perché con duecento euro al barone di turno si possono acquistare privilegi.
SE RIUSCIREMO A FARE ANCHE UNA PARTE DI TUTTO QUESTO, SIAMO CONVINTI IN CUOR NOSTRO DI POTERE DIRE CHE “QUARTO SAVONA” E’ TORNATA A CASA.
[C.C.]

23 Maggio 2017

SEGRETERIA TERRITORIALE DI AREZZ0