Stop ai tamponi per gli infermieri e ad orario massimo lavoro.
Stop ai tamponi per gli infermieri e ad orario massimo lavoro. Gli effetti collaterali del coronavirus al Governo
di Andrea Bottega
Finalmente pubblicato il decreto legge 9 marzo 2020, n.14 “disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19”. Finalmente una boccata d’ossigeno per chi è in prima linea. Forse di no, anzi, proprio no.
Non nascondiamo la profonda delusione verso questo provvedimento del governo che, mentre i cittadini ci dimostrano la massima solidarietà e ci supportano nel resistere in questa situazione di emergenza, dimostra tutti i limiti nello spendere delle risorse per chi sacrifica la propria salute per la salute degli altri.
Nessun euro in più per chi è al fronte a difendere il Popolo italiano dall’epidemia. Nessuna risorsa in più. Forse dobbiamo aspettare il prossimo provvedimento dopo la variazione di bilancio ma è meglio mettere le mani vanti perché essendo ulteriore debito è molto probabile che lo pagheremo ancora noi finita l’emergenza. Non sono stati per ora previsti stanziamenti per pagare gli straordinari, indennità o premi e le nuove assunzioni – nulla di diverso dalla normativa vigente sulle modalità, a parte i co.co.co. – sono finanziate con soldi già stanziati (art. 17) nel fondo sanitario nazionale. Magari spendendo i soldi che sarebbero serviti per rinnovare i nostri stipendi già ridicoli. Abbiamo sentito belle parole dalla politica sullo sforzo che stiamo facendo; parole. Nei fatti ancora una volta traditi. Siamo veramente carne da cannone per lo Stato. Questo decreto ne è la prova.
Hanno tolto il vincolo sulla spesa per le assunzioni del personale ma non ci hanno messo un euro in più. Hanno tolto la quarantena per gli operatori sanitari entrati in contatto con dei casi positivi, riservandolo solo nel caso in cui siamo sintomatici o abbiamo un tampone positivo (art. 7); e sappiamo che in Lombardia i tamponi del personale sono gli ultimi ad essere processati e i tempi di risposta sono lunghi. Anzi è di oggi la disposizione che neanche si fanno più tamponi per i sanitari “che hanno assistito un caso probabile o confermato di COVID-19 senza siano stati usati gli adeguati DPI per rischio droplet o l’operatore che ha avuto un contatto stretto con un caso probabile o confermato in ambito extralavorativo.” (disposizione regione Lombardia del 10/03/2020 prot. 11004.
L’art. 13 del DL è poi un capolavoro, chiaro risultato degli effetti collaterale del COVID-19 come panico, irrazionalità, confusione mentale, obnubilamento del sensorio. Al comma 2 si dice che “agli esercenti le professioni sanitarie … non si applicano le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate” – e qui arriva il capolavoro – “mediante accordo quadro nazionale, sentite le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.”
L’accordo quadro con chi pensano di farlo se sono solo “sentite le organizzazioni sindacali”? un accordo è sempre almeno tra due parti, in questo caso la parte datoriale e la parte sindacale in rappresentanza dei lavoratori. Questo accordo è, inoltre, un accordo quadro. Per chi mastica un po’ di relazioni sindacali sa che l’accordo quadro riguarda più comparti ed è sottoscritto dalle confederazioni e non dalle federazioni sindacali di settore. Di quali comparti stiamo parlando oltre quello della sanità? Università e ricerca, funzioni locali? Ancora: questo accordo quadro è nazionale. Se è nazionale cosa c’entrano le RSU che sono aziendali?
Al di là della forma e dell’improvvisazione delle norme, che danno però il senso di come si sta gestendo l’emergenza e della difficoltà in cui si trova di chi poi deve eseguire gli ordini, rimane la sostanza di un provvedimento a costo zero – per ora – che produce un senso di abbandono da parte delle istituzioni nei confronti degli infermieri e del settore sanità. Dopo 10 anni di definanziamento del fondo sanitario nazionale per circa 37 miliardi ci saremo aspettati uno sforzo in più. Rimane viva la speranza che in settimana, approvato lo scostamento di bilancio, il Fondo sanitario nazionale sia integrato di nuove risorse utili a pagare il costo di questa emergenza… e il lavoro svolto dagli infermieri con le relative indennità.
. Gli effetti collettarli del coronavirus al Governo
di Andrea Bottega
Finalmente pubblicato il decreto legge 9 marzo 2020, n.14 “disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19”. Finalmente una boccata d’ossigeno per chi è in prima linea. Forse di no, anzi, proprio no.
Non nascondiamo la profonda delusione verso questo provvedimento del governo che, mentre i cittadini ci dimostrano la massima solidarietà e ci supportano nel resistere in questa situazione di emergenza, dimostra tutti i limiti nello spendere delle risorse per chi sacrifica la propria salute per la salute degli altri.
Nessun euro in più per chi è al fronte a difendere il Popolo italiano dall’epidemia. Nessuna risorsa in più. Forse dobbiamo aspettare il prossimo provvedimento dopo la variazione di bilancio ma è meglio mettere le mani vanti perché essendo ulteriore debito è molto probabile che lo pagheremo ancora noi finita l’emergenza. Non sono stati per ora previsti stanziamenti per pagare gli straordinari, indennità o premi e le nuove assunzioni – nulla di diverso dalla normativa vigente sulle modalità, a parte i co.co.co. – sono finanziate con soldi già stanziati (art. 17) nel fondo sanitario nazionale. Magari spendendo i soldi che sarebbero serviti per rinnovare i nostri stipendi già ridicoli. Abbiamo sentito belle parole dalla politica sullo sforzo che stiamo facendo; parole. Nei fatti ancora una volta traditi. Siamo veramente carne da cannone per lo Stato. Questo decreto ne è la prova.
Hanno tolto il vincolo sulla spesa per le assunzioni del personale ma non ci hanno messo un euro in più. Hanno tolto la quarantena per gli operatori sanitari entrati in contatto con dei casi positivi, riservandolo solo nel caso in cui siamo sintomatici o abbiamo un tampone positivo (art. 7); e sappiamo che in Lombardia i tamponi del personale sono gli ultimi ad essere processati e i tempi di risposta sono lunghi. Anzi è di oggi la disposizione che neanche si fanno più tamponi per i sanitari “che hanno assistito un caso probabile o confermato di COVID-19 senza siano stati usati gli adeguati DPI per rischio droplet o l’operatore che ha avuto un contatto stretto con un caso probabile o confermato in ambito extralavorativo.” (disposizione regione Lombardia del 10/03/2020 prot. 11004.
L’art. 13 del DL è poi un capolavoro, chiaro risultato degli effetti collaterale del COVID-19 come panico, irrazionalità, confusione mentale, obnubilamento del sensorio. Al comma 2 si dice che “agli esercenti le professioni sanitarie … non si applicano le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate” – e qui arriva il capolavoro – “mediante accordo quadro nazionale, sentite le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.”
L’accordo quadro con chi pensano di farlo se sono solo “sentite le organizzazioni sindacali”? un accordo è sempre almeno tra due parti, in questo caso la parte datoriale e la parte sindacale in rappresentanza dei lavoratori. Questo accordo è, inoltre, un accordo quadro. Per chi mastica un po’ di relazioni sindacali sa che l’accordo quadro riguarda più comparti ed è sottoscritto dalle confederazioni e non dalle federazioni sindacali di settore. Di quali comparti stiamo parlando oltre quello della sanità? Università e ricerca, funzioni locali? Ancora: questo accordo quadro è nazionale. Se è nazionale cosa c’entrano le RSU che sono aziendali?
Al di là della forma e dell’improvvisazione delle norme, che danno però il senso di come si sta gestendo l’emergenza e della difficoltà in cui si trova di chi poi deve eseguire gli ordini, rimane la sostanza di un provvedimento a costo zero – per ora – che produce un senso di abbandono da parte delle istituzioni nei confronti degli infermieri e del settore sanità. Dopo 10 anni di definanziamento del fondo sanitario nazionale per circa 37 miliardi ci saremo aspettati uno sforzo in più. Rimane viva la speranza che in settimana, approvato lo scostamento di bilancio, il Fondo sanitario nazionale sia integrato di nuove risorse utili a pagare il costo di questa emergenza… e il lavoro svolto dagli infermieri con le relative indennità.